Cosa dovrebbe essere l'Unione Europea?

Massimiliano BregaResearch Executive
agosto 14, 2020, 1:23 PM GMT+0

Un importante studio internazionale di YouGov, condotto in 13 stati membri, ha indagato opinioni e atteggiamenti degli europei verso l’Unione Europea

Ad aprile di quest’anno YouGov ha condotto una survey internazionale per conto del Governance and Politics Programme dell’EUI, European University Istitute.

Abbiamo intervistato più di 21.000 persone in 14 paesi: Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Italia, Lituania, Olanda, Polonia, Romania, Spagna, Svezia e Regno Unito. Ad eccezione del Regno Unito, si tratta in tutti i casi di paesi membri dell’Unione Europea.

I risultati ci restituiscono informazioni fondamentali per comprendere il tipo di visione che le persone, residenti nei vari stati membri, hanno dell’UE e del suo futuro. YouGov ha studiato nel dettaglio se e in che misura gli abitanti di questi stati pensano che l’UE debba essere…

Cosa dovrebbe essere l’UE: una Europa protettiva, globale o di mercato?

Abbiamo chiesto ai rispondenti in quale dei seguenti tipi di Europa preferirebbero vivere:

  • un’Europa “protettiva” che difende lo stile di vita europeo e il suo benessere da minacce provenienti sia dall’esterno che dall’interno
  • un’Europa globale che agisce come leader sulle questioni climatiche, dei diritti umani e per la pace nel mondo; o
  • un’Europa “di mercato” che pone l’enfasi sull’integrazione economica, la competizione di mercato e regoli i regimi fiscali

In 10 stati su 14 le persone tendono ad optare per un’Europa “protettiva”, in particolare in Grecia (vero nel 57% dei casi).

Solo quattro nazioni hanno optato in prevalenza per l’opzione “globale”, tra cui la Germania (37%) e il Regno Unito (40%). Gli svedesi sono i più propensi a sostenere quest’opzione (42%).

Nessun paese ha dato la sua preferenza ad un’Europa “di mercato”. Il punteggio più alto si registra in Italia, con il 25%.

Cosa dovrebbe essere l’UE: una fonte di solidarietà?

Di tanto in tanto è probabile che i singoli stati membri affrontino delle crisi e si ritrovino nella posizione di richiedere aiuti dai propri vicini.

Gli abitanti dei 13 stati membri analizzati tendono a supportare l’idea di fornire aiuti sostanziosi ad un altro stato membro che sia stato colpito da un disastro naturale, un’epidemia o un attacco militare. Tutti i paesi, ad eccezione della Finlandia, si mostrano inoltre ben disposti ad aiutare in caso di problemi connessi al cambiamento climatico.

La situazione è più complessa se si parla di sostenere paesi alle prese con rifugiati o paesi che faticano nello stare al passo dell'evoluzione tecnologia, mentre nella maggior parte delle nazioni si tende ad essere contrari a fornire aiuti in caso di disoccupazione e crisi dovute ad un eccesso di debito pubblico.

I paesi del sud e est Europa sono chiaramente più propensi a voler aiutare rispetto alle controparti dell’Europa del nord e dell’ovest. Gli abitanti di quasi tutti i paesi mediterranei o dell’est si mostrano infatti favorevoli ad aiutare in tutte le circostanze (ad eccezione dell’Ungheria per quanto riguarda crisi di disoccupazione o debito).

Al contrario, in nessuno dei paesi nordici e dell’ovest si trova una maggioranza di persone propense ad offrire assistenza economica in caso di grave crisi di debito pubblico. Ad eccezione della Lituania, questi stati si rivelano, in maniera simile tra loro, contrari ad aiutare altri stati membri in caso di gravi problemi legati alla disoccupazione.

La maggior parte delle persone si dichiara inoltre riluttante ad aiutare i vicini “lasciati indietro” dallo sviluppo tecnologico.

È chiaro che gli europei pensano che l’UE dovrebbe servire a coordinare le attività volte ad assistere gli stati membri. In qualunque caso le persone sono più disposte a vedere un aiuto provenire da un’iniziativa dell’UE piuttosto che dal proprio stato in maniera unilaterale.

Allo stesso modo, quasi tutti i paesi preferiscono aiutare in modo sistematico, attraverso un sistema definito dagli stati membri che si ritrovano in questo tipo di situazioni, piuttosto che farlo basandosi sul singolo caso. Olandesi e danesi, a differenza degli abitanti degli altri stati, si sono mostrati invece spesso divisi a riguardo.

Si può notare una frattura netta tra i vari paesi sul fatto che si “auto-percepiscano” o meno come favoriti nelle strutture di solidarietà europea. Per favoriti intendiamo che un tale paese si senta di ricevere dall’UE più di quanto dia. In Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Svezia e Olanda, le persone si aspettano che i loro paesi finiranno per pagare di più di quanto non ricevano. In Grecia (66%) e Spagna (63%), più che altrove, si crede di ricevere di più di quanto si contribuisca.

Tutte queste domande sono state chieste riguardo un ipotetico stato membro dell’UE, ma ci sono ragioni per credere che l’opinione varierebbe notevolmente qualora venisse indicato quale paese necessitasse di una mano.

Per esempio, mentre le persone in quasi tutti paesi dell’UE intervistati, ad eccezione della Finlandia, sarebbero ben disposti a dare aiuti economici all’Italia e alla Spagna (e con ampi margini), le persone si dimostrano molto più riluttanti nell’aiutare paesi come la Romania o l’Ungheria.

I risultati dimostrano inoltre quanto il Regno Unito si sia distaccato dall’UE. Nel chiedere ai rispondenti se fossero o meno disposti ad aiutare i 35 paesi mostrati sotto, il Regno Unito risulta terzultimo, al pari della Tunisia e appena sopra la Colombia.

Solo in Grecia, Danimarca, Polonia e Romania si trova una quota maggiore di persone disposte a supportare gli UK rispetto alla quota dei non disposti.

Questo non soltanto perché il Regno Unito fa parte dei paesi ricchi e si pensa che sappia badare a sé stesso da solo. Le persone sono infatti di gran lunga più favorevoli ad assistere paesi come la Germania e la Francia, anch’essi abbienti.

Tutti i dati descritti sopra hanno riguardato, finora, l’opinione sull’offrire aiuti in circostanze straordinarie. Quando si tratta di fare altrettanto ordinariamente, ovvero redistribuendo le risorse finanziare attraverso la tassazione dell’UE, gli europei sono molto meno indecisi.

Quando è stato chiesto ai residenti degli stati membri se fossero o meno disponibili a spendere parte delle tasse al fine di aiutare le persone di altri paesi dell’UE, dal 48% al 72% hanno risposto negativamente. Quando invece la stessa domanda è stata posta in merito ad eventuali aiuti a favore di posti come l’Africa, i risultati sono più diversificati. In sette dei 13 stati UE studiati l’atteggiamento più comune è quello di dichiararsi felici che i governi usino le loro tasse per questo tipo di aiuti esteri.

Questo può significare che le persone vedono gli europei come troppo benestanti per meritarsi un aiuto economico rispetto ai luoghi più poveri del mondo.

Tuttavia, quanto appena affermato non significa che non ci sia un desiderio di redistribuzione in Europa. Non è infatti bassa la quota di chi concorda completamente nell’affermare che “i soldi raccolti dall’UE debbano essere spesi in modo uniforme tra tutti gli sati membri”. La percentuale di persone completamente d’accordo è del 27% in Romania, del 23% in Grecia e del 22% in Italia e Polonia. Nonostante ciò in Francia, Germania, Olanda e paesi nordici, solo dal 5 al 9% delle persone la pensa allo stesso modo.

La domanda in questione prevedeva una risposta in una scala da 0 a 10, dove 10 significa concordare completamente con l’affermazione sopra riportata e 0 significa concordare completamente con l’affermazione “i soldi dovrebbero essere spesi solo all’interno dello stesso paese”.

Va sottolineato che la quota di chi ha risposto con un punteggio di 0 resta sempre in un intervallo tra il 5 e l’11% in ogni paese studiato.

Come dovrebbe essere l’UE: più attiva?

I residenti degli stati membri studiati vorrebbero vedere un’UE più attiva soprattutto sulla qustione dell’immigrazione e della “situazione economica”, oltre che riguardo al cambiamento climatico, sanità e sicurezza sociale.

Le aree in cui le persone tendono a volere un ruolo meno attivo dell’UE sono la tassazione, le politiche abitative e le fonti energetiche.

Soltanto tra l’1 e il 5% ha risposto “nessuna di queste” riguardo alle aree in cui l’UE potrebbe essere più coinvolta, mentre dall’11 al 24% dei residenti degli stati analizzati non voglino vedere l’UE meno attiva in nessuna delle aree.

Non c’è, forse, motivo di sorprendersi nel vedere le persone più propense ad un grande coinvolgimento sull’economia e il cambiamento climatico, dal momemnto che su questi aspetti la fiducia risposta nell’UE è mediamente maggiore di quella riposta nei singoli stati membri.

In sette dei 13 stati UE i rispondenti sono più inclini a dichiarare di aver fiducia nell’UE per quanto riguarda il cambiamento climatico rispetto a quanta ne abbiano nei rispettivi governi nazionali. Solo i greci mostrano lo stesso livello di fiducia tra UE e governo in quest’ambito. Lo stesso ragionamento vale per cinque paesi se si parla di “situazione economica” in generale.

È meno scontato se si parla invece di immigrazione, l’aspetto in cui gli europei vorrebbero chiaramente vedere un’UE più attiva. Questo potrebbe indicare un fallimento dell’UE nei suoi tentativi di intervento fino ad oggi, oppure il fatto che che la posizione dell’UE sull’immigrazione diverge da quella di molti cittadini europei.

Cosa dovrebbe essere l’UE: più decisa nella raccolta e spesa di fondi?

In solo cinque dei 13 stati UE analizzati le persone preferisco un’Europa che raccolga e spenda più soldi: Grecia, Italia, Polonia, Ungheria e Romania.

Se da un lato gli europei appaiono restii di fronte ad un maggiore coinvolgimento dell’UE nella tassazione, può darsi il caso che stiano pensando ad un tipo di tasse che impattano direttamente sugli individui, come le tasse sul reddito e sui consumi.

Le stesse persone risultano invece molto più favorevoli ad una maggiore tassazione in ambiti che non intaccano direttamente le tasche dei cittadini, come nuove tasse europee sui profitti delle imprese o sulle emissioni di CO2.

In tutti i paesi, tranne che in Svezia, i rispondenti supporterebbero una tassa sulle operazioni finanziarie (ad es. compravendita di titoli azionari) e ovunque, tranne che in Svezia e Danimarca, si è a favore di una tassa sul fatturato delle “big tech”.

Cosa dovrebbe essere l’UE: più flessibile verso i suoi stati membri?

Sin da quando l’UE ha iniziato a espandersi verso est, si è acceso un dibattito sulla possibilità di un’Europa “a due velocità”, in cui ad alcuni stati verrebbe permesso di integrarsi più lentamente, in modo da accogliere i bisogni di stati in condizioni piuttosto diverse tra loro.

I sostenitori eurofili più inflessibili si oppongono fortemente a questa possibilità, vedendola come un ostacolo ad un Europa sempre più compatta e dai legami sempre più stretti.

I risultati mostrano però una scarsa opposizione verso il concetto di Europa a due velocità. Gli oppositori sono più numerosi in Grecia, dove uno su cinque (21%) è contrario quest’eventualità. Questo dato è tuttavia molto più basso del 37% dei greci che supportano l’UE a due velocità. L’opposizione è ancora più bassa tra i residenti degli altri stati, con valori che variano dal 5 al 14%.

Riguardo la possibilità di opt-out per gli stati (ovvero la possibilità di rinuncia da parte di un paese ad adottare una certa regola decisa dall’Unione stessa), vera e propria maledizione per i sostenitori del rafforzamento dell’UE, le persone in tutti paesi, tranne che in Germania, sono più favorevoli a dare questa possibilità piuttosto che a non farlo.

Il supporto raggiunge il suo picco in Danimarca con il 52%, il che non sorprende, visto che il paese ha già esercitato in passato questo diritto. Solo il 21% dei tedeschi invece supporta l’opt-out per gli stati membri rispetto ad un 31% che vi si oppone.

In materia di moneta unica, vi è generalmente un ampio consenso sul fatto che prima o poi tutti gli stati membri dovranno adottarla, anche in Ungheria e Romana, le quali attualmente non sono membri dell’Eurozona. Tuttavia, gli abitanti di Danimarca e Svezia (anch’essi attualmente non parte dell’Eurozona) sono fortemente contrari, mentre in Polonia (non membro) l’opinione è spaccata in due: 32% di favorevoli a fronte di un 33% di contrari.

Cosa dovrebbe essere l’UE: una potenza militare?

Gli europei considerano, senza dubbio, che la NATO sia importante per la difesa nazionale. In molti paesi, la maggioranza delle persone pensano che la NATO sia molto o abbastanza importante per la difesa del proprio paese. L’unica nazione che tende non ritenerla importante è la Finlandia, che non ne fa parte.

Se si parla invece di essere a favore di una NATO più forte o di una maggiore integrazione dell’esercito di difesa dell’UE, britannici e danesi, in linea con le aspettative, propendono verso la NATO. In questo sono seguiti da stati quali Romania, Lituania, Polonia, Olanda, Ungheria e Svezia (nonostante quest’ultimo non sia membro della NATO).

Grecia, Germania, Francia, Spagna, Finlandia e Italia preferirebbero invece che l’UE sviluppasse maggiormente il proprio apparato militare.

Questi risultati sono coerenti con le risposte ad un’altra domanda: “chi dovrebbe rispondere in caso di attacco militare ad uno stato membro dell’UE?”. L’unica eccezione è, in questo caso, la Germania, dove il 50% delle persone sostiene che l’aiuto dovrebbe arrivare dalla NATO, contro un 27% di chi ritiene che dovrebbe arrivare dall’UE.

Riguardo, invece, alla volontà di aiutare uno stato specifico, l’opinione diverge fortemente a seconda di chi sia il potenziale destinatario. Nessuna nazione è mediamente favorevole ad aiutare paesi come la Turchia e l’Albania, nonostante siano membri della NATO e aventi pertanto diritto ad essere difesi. Più divise sono le opinioni verso la Romania (sia membro UE che NATO).

Sull’eventualità di difendere Grecia, Lettonia e Norvegia (quest’ultima membro NATO ma non UE) ci sono meno dubbi: la maggior parte degli abitanti dei paesi studiati sarebbe favorevoli ad aiutarli in caso di attacco militare.

L’Ungheria emerge come unica eccezione, i suoi abitanti non sarebbero a favore di inviare forze in aiuto in nessuno degli stati citati.

Cosa dovrebbe essere l’UE: una potenza globale?

Oggi giorno le due grandi potenze mondiali sono gli Stati Uniti e la Cina. In tutti i paesi le persone dichiarano che preferirebbero vedere gli USA più potenti, anche se non in maniera così netta come ci sarebbe potuti aspettare in passato. Tra il 30 e il 54% delle persone, in tutti paesi studiati, non saprebbe scegliere quale dei due stati, USA o Cina, preferirebbe fosse la maggiore potenza mondiale.

Cosa accadrebbe se nella corsa per la più grande potenza mondiale ci fosse anche l’Unione Europea?
Rispetto alla Cina gli europei non hanno dubbi, preferirebbero che fosse l’UE a prevalere.

Anche contrapponendo UE e USA si nota una chiara propensione verso l’UE, con due eccezioni degne di nota: la Francia e la Lituania, che preferirebbero fossero gli Stati Uniti a dominare la scena mondiale invece che l’Unione Europea.

Infine, vale la pena notare che se gli USA sono visti in Europa come i principali rivali dal punto di vista politico e culturale, è la Cina ad essere più temuta in materia economica. Nonostante ciò, sia gli USA che la Cina sono viste, nella maggior parte dei casi, come grandi rivali in entrambi gli aspetti.

Questo sondaggio è stato condotto da YouGov per lo European Governance and Politics Programme, progetto dell’EUI (European University Institute). I risultati sono disponibili qui e discussi nella pubblicazione “EU Solidarity in Times of Covid-19”.