A tre mesi dal riaccendersi del conflitto israelo-palestinese, un nuovo studio YouGov Eurotrack condotto in sette Paesi dell’Europa occidentale (Italia, Germania, Francia, Regno Unito, Spagna, Danimarca e Svezia) getta luce sulle opinioni dei cittadini riguardo al conflitto.
Lo studio è stato condotto a metà novembre, prima del temporaneo cessate-il-fuoco, con la sola eccezione della Germania, in cui lo studio è stato condotto a inizio dicembre.
La maggior parte degli europei occidentali non si schiera
Nonostante il dibattito venga spesso descritto come polarizzato in favore di una parte o dell’altra, la maggior parte degli europei occidentali non se la sente di schierarsi con alcuno dei contendenti. In nessun Paese, infatti, emerge una fazione che raccolga il favore di più di un terzo dei rispondenti.
Fatta questa premessa, il Paese tendenzialmente più filoisraeliano è la Germania, con il 29%, mentre i rispondenti che simpatizzano per la Palestina sono il 12%. Tuttavia, la percentuale di rispondenti che si sente più vicina a Tel Aviv è in calo di nove punti percentuali rispetto a ottobre: un trend che si riscontra in tutti i Paesi in analisi, mostrando una flessione delle posizioni filoisraeliane rispetto al picco raggiunto subito dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre.
La Spagna, per contro, è il Paese più filopalestinese, con il 27% che si sente più vicino a questa fazione rispetto al 19% che prende le parti di Israele.
In tutti gli altri Paesi, la percentuale di rispondenti che si sente ugualmente vicina a entrambe le fazioni è superiore a quella di chi parteggia per l’una o per l’altra: tra il 24 e il 31% dice di simpatizzare per entrambe le parti ugualmente, e un ulteriore 27-37% è incerto, questi ultimi specialmente diffusi tra chi si interessa di meno del conflitto.
Comprensione degli atteggiamenti israeliani e palestinesi rispetto al conflitto
In Francia, Regno Unito, Danimarca e Svezia il pubblico tende a comprendere le ragioni di ciascuna parte, anche se non vi si trova d’accordo. La comprensione nei confronti delle due parti raggiunge livelli simili.
In Germania, invece, l’opinione pubblica tende a comprendere maggiormente le motivazioni degli israeliani (con il 49% che le capisce contro il 30% che dice di non capirle) rispetto a quelle dei palestinesi (33% che le comprende, contro il 45% che non lo fa). In Spagna, seppure in misura minore, tende ad essere vero l’opposto, con il 46% che comprende le motivazioni dei palestinesi contro il 39% che comprende quelle degli israeliani.
Noi italiani, infine, siamo divisi: il 34% comprende le motivazioni dei palestinesi, il 36% quelle degli israeliani, e percentuali attorno a un terzo non capiscono le une o le altre.
Gli europei tendono a non giustificare né le azioni di Hamas né di Israele
Sono molto pochi i rispondenti che trovano giustificabili gli attacchi di Hamas in Israele, con percentuali che vanno dal 4% del Regno Unito all’11% in Francia. Per contro, dal 64% all’80% dice che gli attacchi non erano giustificati, con i restanti che non si dicono sicuri.
Seppure in misura meno netta rispetto agli attacchi di Hamas, neppure le azioni israeliane su Gaza vengono ritenute giustificabili. La percentuale di chi le giustifica va dal 35% in Germania al 18% in Italia, sempre inferiore alla quota di rispondenti che le trova ingiustificate, che raggiunge il 59% in Spagna e il 56% in Italia.
Concentrandoci sull’Italia, mentre le azioni di Hamas vengono ritenute ingiustificate anche dai rispondenti più filopalestinesi (il 70% le ritiene ingiustificate), due terzi dei rispondenti filoisraeliani tendono a giustificare le azioni di Israele (67%).
Scudi umani e vittime collaterali
Entrambi gli schieramenti sono stati accusati di crimini e violazioni nei confronti della popolazione civile: Hamas, oltre che per gli attacchi ai civili israeliani del 7 ottobre, è stata accusata di utilizzare i civili di Gaza come scudi umani; Israele è stato altresì accusato di non limitare le vittime civili durante i propri bombardamenti.
I rispondenti in Europa occidentale tendono a ritenere le accuse fondate in entrambi i casi, specie quelle nei confronti di Hamas. Una maggioranza assoluta in ogni Paese intervistato ritiene infatti che Hamas utilizzi i civili palestinesi come scudi umani: tra il 57% dell’Italia e il 69% della Spagna. La convinzione che Israele non si stia impegnando per minimizzare le vittime civili nei suoi bombardamenti è meno unanime, ma trova concorde una maggioranza quantomeno relativa di rispondenti in tutti i Paesi ad eccezione di Francia e Germania.
Conflitto nel breve, medio e lungo periodo: cessate-il-fuoco e Due Stati vanno per la maggiore
In tutti i Paesi intervistati a metà novembre, la maggior parte dei rispondenti riteneva che Israele avrebbe dovuto fermarsi e dichiarare un cessate-il-fuoco. Un primo cessate-il-fuoco, della durata di circa una settimana, è effettivamente avvenuto a fine novembre. La Germania, unico Paese intervistato dopo la ripresa delle ostilità, ha confermato la predilezione europea per il cessate-il-fuoco, con il 57% dei tedeschi che lo riteneva ancora necessario a inizio dicembre.
La diplomazia viene favorita anche nel medio periodo. Nonostante la gran parte dei rispondenti abbia trovato le azioni di Hamas ingiustificabili, la maggior parte ritiene che Israele debba essere pronto a negoziare con Hamas (58-73%), contro il 12-23% che ritiene che Israele dovrebbe rifiutarsi; in Italia, il 66% ritiene che Israele dovrebbe negoziare la pace, il 12% ritiene che dovrebbe rifiutarsi. L’opposto è altresì vero, con percentuali tra il 66 e l’83% di rispondenti secondo cui Hamas dovrebbe essere pronta a entrare in negoziati con Israele, mentre solo il 4-11% dice che Hamas dovrebbe rifiutare il negoziato.
Nel lungo periodo, per risolvere il conflitto ormai quasi secolare nell’ex Mandato di Palestina, la cosiddetta “Soluzione dei Due Stati” è l’unica che raccoglie una maggioranza di favorevoli in Europa occidentale: tra il 60 e il 70% in tutti i Paesi (69% in Italia).
Per contro, la Soluzione di uno Stato Unico, che accolga equamente ebrei ed arabi, riceve un supporto tra il 20 e il 30% (21% in Italia).
Approcci massimalisti che prevedano l’espulsione di una delle due etnie dalla terra contesa ricevono un supporto minimo, tra il 5 e il 13%. Similmente, lo status quo attuale viene ritenuto soddisfacente solo da una netta minoranza: tra l’8 e il14% (13% in Italia).
Al momento, tuttavia, la speranza di una pace permanente non è ritenuta realistica nel prossimo futuro: solo tra il 14 e il 31% nei diversi Paesi ritengono plausibile che il conflitto possa essere risolto nei prossimi dieci anni.